Pellegrini, A.D. di Naturhouse “L’educazione alimentare dovrebbe iniziare alle elementari”

Foto in evidenza di Sandra Riva

Di Ada Andrea Baldovin

Abbiamo avuto modo, durante la Fiera del Franchising, a Milano, di incontrare Raffaello Pellegrini, amministratore delegato di Naturhouse, che ci ha concesso una breve intervista sul brand e un commento sull’educazione alimentare, argomento di grande discussione negli ultimi anni.

«Ho scoperto Naturhaus per caso quindici anni fa, un’azienda spagnola era interessata ad aprire il suo business in Italia e cercavano qualcuno che parlasse perfettamente lo spagnolo, tanto incosciente da accettare e far evolvere un nuovo format. Abbiamo da subito creato una fetta di mercato di nicchia e affezionato ai nostri servizi. In Italia una volta vedere una pillola sul tavolo era sintomo di malattia, mentre all’estero, ad esempio negli Stati Uniti, si è sempre fatto largo uso di vitamine; oggi quasi tutti fanno uso di integratori nella propria dieta. Il format esclusivo di Natuhouse, nella sua semplicità, offre una consulenza alimentare erogata gratuitamente da professionisti con una laurea idonea, e portiamo i nostri clienti a un miglioramento delle abitudini alimentari, anche grazie all’ausilio dei nostri prodotti. Questo porta un miglioramento estetico e salutare che inevitabilmente migliora la qualità della vita, alimentandosi in maniera congrua. Si tratta indubbiamente di un percorso difficile, perché cambiare il proprio regime alimentare significa fare delle rinunce ma, nel momento in cui si iniziano a vedere degli effettivi risultati, si inizia a vedere la strada in discesa. Siamo in Italia dal 2005 e la nostra attenzione va tutta ai clienti. Il nostro personale, oltre ad avere delle competenze altamente tecniche, deve saper essere anche una figura di riferimento empatica per poter creare dei rapporti umani che durino nel tempo. Molto importante per noi è l’educazione alimentare, che può passare dal saper leggere l’etichetta al supermercato, al saper usare coscienziosamente gli ingredienti, al fare prevenzione sulle malattie metaboliche. Ad oggi si sta andando sempre più a perdere la cultura della cucina e dell’alimentazione. La globalizzazione e internet hanno portato ristoranti e fast food a casa, e la gente non si scomoda nemmeno più a fare la spesa. I sapori sono cambiati. Se sin da piccoli ci si abitua alla sapidità delle patatine, poi sarà certamente difficile tornare a mangiare sano. Anche i sapori del supermercato sono cambiati a causa di tutti i conservanti, derivati e sostanze chimiche che vengono spruzzati sui prodotti in fase in produzione, perché gli alimenti devono essere belli e non buoni. Il numero delle intolleranze alimentari è schizzato alle stelle negli ultimi anni a causa della quantità di cibo mal prodotto ingerita».

Raffaello Pellegrini A.D. di Naturhouse Italia – foto di Sandra Riva

Io sono un po’ confusa sull’argomento «alimentazione» perché ci sono sempre tantissime tesi. A chi mi devo rivolgere?

«L’unica soluzione è alimentarsi in maniera congrua al proprio stile di vita. Il meccanismo è semplice: la macchina consuma benzina, se ho il serbatoio vuoto devo aggiungerci benzina, se non uso la macchina sarà inutile continuare a rabboccarlo. Se fai sport aumenti la cilindrata del motore e questo consuma di più. Riguardo alla qualità del cibo che ingerisci è un casino, perché se la materia prima non è sana tu non mangi sano in ogni caso. È una strada senza uscita. Si possono limitare i danni. Se si ha un apparato muscolare tonico, si bevono due litri d’acqua al giorno e si ha una dieta equilibrata, sicuramente si migliora la qualità della vita. C’è da considerare anche il fatto che il cibo è soddisfazione psicologica: non posso stare a dieta tutta la vita ma, alimentarsi bene durante la settimana, significa potersi permettere durante il weekend qualche sfizio senza paura di danneggiarsi».

Fate ricerca anche all’estero, ci sono culture che vi hanno colpito sotto l’aspetto alimentare?

«Nei Paesi dove esiste già una cultura dell’alimentazione (come tutta l’area mediterranea) il nostro sviluppo è molto più semplice perché non modifichiamo completamente le abitudini alimentari, ma le indirizziamo solo verso il giusto utilizzo. Nei Paesi anglosassoni invece, il percorso è nettamente più difficile e più lungo».

Noi lavoriamo molto col reparto di Disturbi Alimentari del Niguarda. Secondo lei qual è il limite tra il volere una vita sana (e quindi perdere peso) e il patologico?

«Quando l’alimentazione è terapeutica noi non interveniamo lì dove il cliente è seguito da un medico specialista. I nostri affiliati ad esempio non possono seguire clienti col diabete, o madri che allattano. La perdita di peso dei nostri clienti è il lavoro di mesi, se non di anni, di counseling e piani alimentari».

Lei come cambierebbe il mondo?

«È necessario introdurre l’educazione alimentare nelle scuole sin dalle elementari. Noi da dodici anni facciamo educazione alimentare nelle scuole, ci siamo inventati il NAturNiño: un album da colorare per bambini. Nell’educazione alimentare, siamo davvero in prima linea. Tutti i nostri operatori dei punti vendita sono in grado di fare formazione. Da sempre abbiamo investito molto nel personale e nella ricerca. Anche nella scelta dell’affiliato ricerchiamo sempre una figura che non solo sia appassionata, ma che vuol fare della corretta alimentazione la propria mission».