Si ricomincia con la ricerca di un nuovo equilibrio e una decrescita forzata

Di Nicola Saldutti

Ci sono parole che in certi momenti acquistano un significato profondo. Prendiamo la ripartenza, la necessità di voler riprendere (e riprendersi) dopo queste lunghe settimane di chiusura quasi totale nelle proprie case. Giornate nelle quali abbiamo visto il mondo attraverso i nostri schermi, dal piccolo vetro del cellulare o dal nostro computer. Finestre contemporanee della realtà. Il governo, per rallentare il contagio, ha deciso di chiudere tutto, di lasciare aperte solo le cose veramente essenziali. E ora, con l’ultimo decreto, a partire dal 4 maggio le cose sono destinate, lentamente, a riprendere. Ed ecco il punto: la convivenza con il virus per un tempo che non conosciamo, nella speranza che gli uomini di scienza trovino il vaccino, non potrà più essere come quella di prima. Sarebbe un errore pensare che la vita quotidiana possa ritornare ad essere esattamente come l’avevamo lasciata ai primi di marzo.

È questa forse la cosa più difficile da pensare, immaginare, alla quale forzatamente abituarsi. Prendete le fabbriche, luogo che conserva tutta la centralità anche nella vita post industriale di cui in questi anni ci siamo nutriti: il distanziamento sociale (che brutta espressione) impone percorsi precisi, turnazioni diverse, tavoli a scacchiera nelle mense. Ecco, la vita dovrà essere diversa. Prendete i trasporti, la distanza su un bus o in metro: cosa complicata da definire. Ed ecco dunque che sarà necessario trovare soluzioni nuove a problemi nuovi, bisognerà fare i conti con una cosa alla quale non avevamo mai pensato: come conciliare sicurezza sanitaria e lavoro, produzione. Un equilibrio che in certi momenti appare impossibile, dal momento che il cosiddetto lockdown colpisce persone, imprese e comunità in modo molto diverso. Un bar o un ristorante stanno subendo perdite non paragonabili a chi produce attrezzature mediche, migliaia di aerei sono fermi negli hangar, tutti si stanno chiedendo come cambieranno i nostri comportamenti da consumatori.

Compreremo solo le cose più essenziali, oppure saremo disposti a comprare le cose più costose dopo la grande pausa? Sembrano domande fragili, ma in realtà la ripresa dell’economia è racchiusa dentro queste domande. Ci sono mondi che stanno cercando di immaginarsi un futuro, ma molto dipenderà dai comportamenti individuali, dai timori che ciascuno porterà con sé. Ecco, l’economia in questa fase sarà influenzata dalle scelte psicologiche degli individui come mai è accaduto nella storia. Mai è accaduto che tutto il mondo si fermasse per quasi due mesi. E dunque la ripartenza è soprattutto una dimensione individuale, degli imprenditori che dovranno trovare strade diverse per proseguire la loro attività, lavoratori che subiranno perdite del loro reddito, famiglie che dovranno ritrovare nuovi equilibri. Qualche anno fa andava di moda la decrescita felice, ora dovremo abituarci a una decrescita forzata. Dalla quale si potrà uscire solo con una leva, l’ottimismo e la fiducia necessaria nelle persone.