Il regime dell’apartheid Tra razzismo e segregazione

Di Edoardo Grandi

Dopo l’atroce follia del nazismo, il peggior crimine istituzionalizzato contro l’umanità è stato il regime dell’apartheid, che ha governato con pugno di ferro l’attuale Repubblica Sudafricana (e la Namibia) per lunghi decenni, fino agli anni 90.

L’ apartheid

Apartheid, che significa separazione, è il termine e il metodo politico attuato dalla minoranza bianca, che agli inizi della sua messa in pratica costituiva circa il 19% della popolazione, per dominare, controllare, sfruttare e reprimere il resto degli abitanti autoctoni, nella stragrande maggioranza neri.

La storia del Sudafrica è troppo lunga e complessa per riportarla qui. Va comunque ricordato che i bianchi al potere nell’era moderna, sono stati soprattutto i discendenti di coloni olandesi (i boeri, che si autodefinivano afrikaner) e inglesi, che avevano sconfitto i primi dopo una serie di conflitti e guerre.

Immagini che raccontano il periodo dell'apartheid in Sudafrica
Immagini che raccontano il periodo dell’apartheid in Sudafrica

Razzismo e segregazione

Nel 1948, con l’avvento al potere del Partito Nazionale (i cui membri erano prevalentemente afrikaner, e che aveva un’ideologia influenzata dal nazismo) il razzismo, l’auto-asserita superiorità dei bianchi e la segregazione, vengono fatti propri dallo Stato con una serie di leggi.

Sotto l’apartheid la maggioranza nera è confinata in baraccopoli senza elettricità, acqua corrente o servizi di base, in modo asettico chiamate townships, o in zone teoricamente definite come stati indipendenti, di soli neri, dette nel loro insieme bantustan, dove il controllo del regime è assoluto.

Immagini che raccontano il periodo dell'apartheid in Sudafrica
Immagini che raccontano il periodo dell’apartheid in Sudafrica

Privazioni e divieti

Tra le principali leggi vanno ricordate: privazione della cittadinanza sudafricana per gli abitanti dei bantustan; divieto di matrimoni misti; divieto di rapporti sessuali tra bianchi e neri; discriminazione dei neri sul lavoro; passaporto interno obbligatorio per i neri per spostarsi al di fuori della propria area di residenza; messa fuorilegge delle opposizioni politiche, in particolare dell’African National Congress (ANC), il principale movimento anti-apartheid; divieto per i neri di utilizzare strutture pubbliche di bianchi, ostacoli insormontabili nel diritto all’istruzione… Tutto questo con arresti arbitrari per i semplici sospetti, condanne spropositate per i trasgressori, utilizzo della tortura in prigione.

In seguito all’attuazione di tale politica, il Sudafrica, indipendente dal 1961, è costretto a lasciare il Commonwealth britannico, e nei decenni successivi le pressioni internazionali contro il regime si fanno sempre più forti: nel 1973 l’ONU condanna l’apartheid come crimine contro l’umanità, e vengono attuate pesanti misure di boicottaggio nei confronti del governo sudafricano. Questi fatti hanno avuto sicuramente un grande peso, ma senza l’enorme impatto dei movimenti di liberazione interni, non si sarebbe giunti, nel 1990, ai primi segni di apertura manifestati dal governo allora presieduto da Frederik de Klerk, culminati con le prime elezioni libere e a suffragio universale nel 1994.

Immagini che raccontano il periodo dell'apartheid in Sudafrica
Immagini che raccontano il periodo dell’apartheid in Sudafrica

Gli esponenti della rivoluzione

Tutto il mondo conosce il nome e la storia di Nelson Mandela (1918 – 2013) il grande attivista politico che ha passato ben 27 anni in prigione per le sue idee, premio Nobel per la pace nel 1993 insieme a de Klerk e primo presidente nero del Sudafrica liberato dall’apartheid. Da presidente, è stato il promotore della Commissione per la Verità e la Riconciliazione, e fautore di una pacifica convivenza fra tutte le etnie sudafricane.

Meno conosciuti dall’opinione pubblica internazionale, vanno però ricordati altri grandi personaggi. Tra loro, Walter Sisulu, esponente di spicco dell’ANC come Mandela, e come lui condannato all’ergastolo, scontò 26 anni di prigionia nel carcere di Robben Island vicino al futuro presidente della «nazione arcobaleno». Altrettanto celebre in Sudafrica è stata la moglie di Sisulu, Nontsikelelo Thethiwe (più conosciuta come Albertina Sisulu), unica donna tra i fondatori della Lega Giovanile dell’ANC, poi anche creatrice di istituzioni per la tutela dei minori e degli anziani. Oliver Tambo, costretto a fuggire dal Sudafrica, è stato a lungo leader in esilio dell’ANC. Dall’estero si è battuto per decenni contro l’apartheid, informando e sensibilizzando l’opinione pubblica mondiale. Particolarmente attento ai diritti umani in generale, gli è stato intitolato l’aeroporto internazionale di Johannesburg.

Immagini che raccontano il periodo dell'apartheid in Sudafrica
Immagini che raccontano il periodo dell’apartheid in Sudafrica

Steve Biko

Un altro gigante è stato Steve Biko, la cui notorietà all’estero è cresciuta solo dopo la morte, anche grazie alla canzone Biko di Peter Gabriel (1980), e al film Grido di libertà del 1987 con Denzel Washington, che l’hanno trasformato quasi in un’icona pop. Ma è stato molto più di questo. È stato il fondatore del Black Consciousness Movement, sostenitore della causa di un socialismo africano, inizialmente su posizioni nettamente anticapitaliste e avverso ai bianchi «liberal» che avevano secondo lui un atteggiamento paternalistico nei confronti dei neri. Figura di grandissimo carisma, ha influenzato in modo importante tutta la politica anti-apartheid. Fu ucciso di botte in prigione dai suoi carcerieri bianchi a soli 31 anni nel 1977. Al suo funerale (il primo con esplicite proteste politiche) parteciparono più di ventimila persone. Della convivenza pacifica tra bianchi e neri ha fatto la sua bandiera il musicista e antropologo Johnny Clegg, definito da molti «lo zulu bianco». Fondendo melodie e ritmi inglesi e africani suonati con le sue band di etnie miste, ha dovuto assistere alla censura dei propri brani (celeberrima è la canzone Asimbonanga, dedicata a Mandela), che ottennero però una grandissima diffusione in Sudafrica grazie al passaparola.